giovedì 25 luglio 2013

SAGRE / CONVERSANO E LA MANDORLA



La splendida facciata della basilica
 cattedrale, da poco restaurata
Hanno fatto bene gli organizzatori a chiamare l'evento in corso a Conversano (http://it.wikipedia.org/wiki/Conversano) "Sagra della mandorla e dintorni". Saggia precauzione. Perché quella in programma nella "città d'arte" di mandorle in realtà ne offre ben poche. Solo uno spoglio stand non presidiato illustra in poche immagini le qualità del frutto.
Negli altri è il trionfo dell'enogastronomia.
Il salentino Francesco e due suoi
compagni di avventura intenti
alla preparazione degli spaghetti
Singolare la presenza di un presidio leccese. Salento tartufi (http://www.salentotartufi.com/home.html). Che, tra l'altro, offre deliziosi dadini di manzo al tartufo con mandorle tostate tritate a grana grossa. Oltre alle consuete "pittule". Ma ecco la sorpresa. Francesco prepara quasi fosse a un talent-show televisivo ottimi spaghetti allo scoglio con un padellone ad alta tecnologia. Una novità ghiotta, in una sagra. Scomoda, ma ghiotta.
La musica e i balli popolari all'imbocco
di corso Morea, proprio sotto il castello
Passeggiando tra gli stand non si poteva notare che offriva pasta fresca, anche cotta: spaghetti verdi alla chitarra con pomodorini e, naturalmente, una spruzzata di mandorle.
Le tette delle monache e il sorbetto di primitivo completano questa cenetta sagrosa e "in piedi-in piedi". Alla quale tuttavia manca qualcosa. Ma certo. Il gelato al Caffè dell'incontro, storico locale conversanese nella piazza del Municipio. Lo spungato di caffè è una sorta di rito propiziatorio per il palato. Il gelato è preparato a vista, con una macchina datata ma straordinariamente efficace. All'interno, un'altra deliziosa sorpresa: il latte di mandorla.
Un momento del cooking show
dell'alberghiero di Castellana
Semplicemente perfetto, soprattutto nella serata dedicata a quello che una volta era prodotto che portava ricchezza ai produttori di Puglia e che oggi è diventato di nicchia o poco più.
La serata viene chiusa dal cooking show di alunni e insegnanti dell'alberghiero di Castellana. La caccia al gelato di mandorla è aperta a tutti. Ma alla fine, la fatica è ripagata dalla bontà del prodotto (e dalla speranza che questi ragazzi, almeno nel comparto del food, riescano a trovare lavoro.

Noterella personale. Ho incontrato il sindaco della cittadina, Giuseppe Lovascio. All'avvocato esponente del centro-destra, gli elettori hanno da non molto rinnovato il mandato. Ho conosciuto Lovascio quando, a sorpresa, entrò nel mondo del calcio succedendo a Enrico Tatò, che per una breve stagione fece grande la squadra viola. Avevo apprezzato le doti umane e professionali del padre, avversario in un paio di contenziosi in materia espropriativa (ho avuto la fortuna e il privilegio di lavorare per alcuni anni al Comune di Conversano, guidando appunto l'Ufficio Espropriazioni). Evidentemente, Giuseppe Lovascio ha trasferito le doti di leader pacato che aveva palesato nella sua breve stagione calcistica a palazzo di città (http://www.comune.conversano.ba.it/it/home/).

domenica 21 luglio 2013

LA GAZZETTA / IL CALCIO A MOLFETTA


La crisi morde alle caviglia, sgonfia i palloni, svita i bulloni, sega i pali delle porte. Al pari dell'improvvisazione, delle spese folli di un'annata, delle richieste ai Comuni di venire incontro ad un calcio sempre più in difficoltà. Aggredito anche dall'Agenzia delle Entrate. Il Fisco dopo decenni di gestioni contabili allegre (e tollerate) dei club sportivi, si è accorto che i conti non tornano. Poche le società scampate agli accertamenti. Alcune sono finite nelle grinfie di Equitalia. Molfetta è una delle più grandi città non capoluogo della Puglia. In provincia di Bari, con i suoi quasi settantamila abitanti, è seconda solo ad Altamura. Nei giorni scorsi ha chiuso i battenti la Molfetta Sportiva di Carlo Tattoli, nome storico del calcio della città marinara. Tattoli, appunto, è alle prese con una difficile vertenza con l'Erario. La Melphicta e il suo presidente Corrado Azzollini (imprenditore che stava portando nuova linfa e nuove idee in un mondo asfittico) ha dovuto migrare a Giovinazzo. L'Atletico s'è fuso con la Libertas. La Fulgor, la stagione scorsa, ha raccolto solo un punto in Terza categoria, finendo ultima nell'ultimo campionato dilettantistico. La Virtus insisterà con la Seconda categoria. Resta la Libertas, arrivata a Molfetta (al pari del Liberty con Nicola Canonico, tre anni fa) con il trasferimento di un titolo altrui, che ha perso l'Eccellenza per un nonnulla e che è guidata da un personaggio controverso ma appassionato come Mauro Lanza. Incredibile, poi, che Molfetta, dove pure ha sede una delle più attive ed efficiente sezioni arbitrali d'Italia (si pensi agli Ayroldi), disponga solo di uno stadio (il "Paolo Poli", abbisognevole di pesanti interventi di adeguamento) e di un campetto (il "Benedetto Petrone", in erba sintetica, ma di dimensioni ridotte, appena sufficiente per la Seconda categoria).

QUESTO ARTICOLO SUL CALCIO MOLFETTESE E’ STATA PUBBLICATA DOMENICA 21 LUGLIO 2013 NELLE PAGINE DELLO SPORT BARESE DELLA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO.
Tra le più grandi (e ricche) città non capoluogo di Puglia, Molfetta vive giorni convulsi per quanto riguarda il calcio (http://it.wikipedia.org/wiki/Associazione_Calcio_Dilettantistica_Molfetta_Sportiva). L'insuccesso della Libertas in Eccellenza è in qualche modo compensato dalla cocciuta volontà di Mauro Lanza di accedere alla Serie D attraverso la porta stretta dei ripescaggi. Impresa pressoché impossibile ma oltremodo ammirevole in un momento in cui la Molfetta Sportiva di Carlo Tattoli ha chiuso i battenti dopo la retrocessione in Seconda, la Melphicta di Corrado Azzollini s'è trasferita a Giovinazzo e l'Atletico ha operato una fusione proprio con la Libertas per consentire alla prima squadra di "molfettizzarsi" anche nel nome. 
Angelo Terracenere
<Molti problemi nascono dalla poca chiarezza del Comune per l'utilizzo dello stadio Poli - dice Angelo Terracenere, ex calciatore del Bari e da dieci anni allenatore tra i dilettanti -. Ho cominciato ad allenare a Molfetta più o meno nel 2004, in un altro momento di crisi. Oggi i problemi sono più diffusi, vedi quello che accade ogni anno e quello che sta accadendo a Polignano, a Terlizzi, a Altamura, dove le prospettive sono impossibili da decifrare. Resta il problema di una città così grande con un solo campo (il "Petrone"), oltre allo stadio, largamente insufficiente per un bacino tanto rilevante>.
La Libertas, in attesa di un ripescaggio che avrebbe del miracoloso, sta programmando la nuova stagione. Ha chiamato Lele Loconsole per la panchina, ha sostituito l'asse centrale della difesa con Giovanni Montrone e Renato Bartoli al posto di Paris e Rubini, sta trattando con Gennaro Manzari per l'attacco. <Mi auguro di cuore  che gli imprenditori molfettesi non lascino solo Lanza - aggiunge Riccardo Di Giovanni, ex tecnico di Molfetta, San Paolo e Locorotondo -. La sua passione va premiata e gli deve essere offerta tutta la collaborazione possibile>. <Naturalmente la Libertas deve darsi un'identità e una organizzazione ben precise>, puntualizza Terracenere, reduce dalla stagione di Vieste.
L’appello a sostenere gli sforzi della Libertas troveranno risposte in una città che, pur non abbandonando il calcio, è, come dire, “distratta” dalla concorrenza, invero straordinariamente efficace, di pallavolo e pallacanestro. <Ma il calcio resta lo sport più popolare – assicura Di Giovanni -. Sto lavorando con l’Audace, società di grande serietà, e vedo che i ragazzini sono sempre molto attratti dal pallone. Però bisogna lavorare all’insegna dell’organizzazione e della professionalità. I risultati vengono lo stesso, magari ci vuole qualche mese in più, ma sono duraturi>.
Nicola Ragno
La tesi che è indispensabile razionalizzare la gestione di un club sportivo è sposata appieno da Nicola Ragno. Tecnico molfettese tra i più vincenti in Puglia, il bancario non ha dubbi: <La questione strutture è fondamentale. Ma lo è dappertutto. Perché sono rare le cittadine della Puglia dove non vi sia carenza di impianti. A Molfetta c’è il solo “Poli” e poi un “Petrone” superaffollato tra giovanili e squadre dilettanti minori. Però bisogna essere abili a costruire dapprima una società forte, con risorse economiche non effimere e con risorse umane di grandi capacità. Un discorso che vale dappertutto e che purtroppo in ormai pochi casi trovi>.

PERSONE / I LEONI DI GRITTANI


Mi piace segnalare che Vito Grittani è diventato uno dei vice presidenti del Lions Club Bari Triggiano Marina. Gli è stata attribuita la delega ai rapporti internazional. Il governatore per il biennio 2013/2014 del Lions Puglia Distretto 108 (http://it.wikipedia.org/wiki/Lions_Clubs_International), il dottor Gian Maria De Marini, ha voluto che il capursese fosse nominato “officer” distrettuale, con delega, come si diceva, ai rapporti internazionali e con le sedi diplomatiche. Domenica 14 luglio, presso l'hotel Tiziano di Lecce c’è stata la presentazione di tutti gli “officer”.
Esiste la concreta possibilità che per il biennio 2014-2015 il presidente del Triggiano Marina possa essere proprio Grittani.
Da anni Grittani si occupa di diplomazia. Frequenti le sue visite a Roma, ospite di ambasciate e ambasciatori. E frequenti le visite a Capurso e in Puglia di svariati ambasciatori provenienti da ogni parte del mondo.
Qualche settimana fa, in occasione dell’ingresso ufficiale della Croazia nell’Unione Europea, sulla facciata della sede dell’Odi (l’Osservatorio diplomatico internazionale, da lui fondato), in via Di Vittorio, a Capurso, sventolava la bandiera rossobiancazzurra della Croazia. 

EVENTI / LA CIPOLLA ROSSA

Uno dei varchi di accesso al borgo antico
(http://it.wikipedia.org/wiki/Acquaviva_delle_Fonti).
Da anni frequento sagre, anche se ritengo che da noi il concetto di "sagra" sia male applicato: altrove si mangia, si beve, si canta e si balla). Da anni frequento quella dedicata alla cipolla, ad Acquaviva.
Solito bagno di folla (ma forse un po' meno rispetto alle altre edizioni: l'offerta della provincia il sabato sera è ad alto tasso di concorrenzialità), soliti stand.
La cipolla rossa è presente ovunque
(http://it.wikipedia.org/wiki/Cipolla_rossa_di_Acquaviva_delle_Fonti)
Tra le golosità dello slow-food, gli anelli di cipolla offerti dalla Dolceria Sapone (peccato per l'organizzazione un po' scadente), che ha preparato anche i fiori di zucchina farciti di ricotta, le tette delle monache e numerose confetture ottenute con la cipolla rossa.
Al panificio Casucci, a pochi passi dall'imponente (anche se a tratti fatiscente) palazzo De Mari, la novità assoluta: il panino con mortadella e provolone (classico dei classici) con l'aggiunta di cipolla cruda. Ottimo l'abbinamento, anche se i borbottii dell'apparato gastro-intestinale stanno indubitabilmente a testimoniare della insostenibile pesantezza della farcitura.
Un classico "focone". Ogni spiedo contiene
carne e generose sfoglie di cipolla
Un amico mi ha consigliato di concludere la serata con un gelato dalla Caffetteria dell'Oroologio. Ebbene, il gusto crema e quello allo strega sono un'ottima combinazione. Un bar dall'allestimento antico più che vecchio. Un punto di riferimento della movida acquavivese, magari di una certa età.
Il sindaco di Acquaviva, Davide Carlucci
Ah, suonavano i Tiromancino. Federico Zampaglione e i suoi erano in buona forma.
Da qualche settimana, sindaco della cittadina è Davide Carlucci, che ho conosciuto giovedì ad Altamura. Seguendo le orme di Brindisi con Mimmo Cansales, la popolazione ha scelto un giornalista. Carlucci scrive da anni per le pagine di Bari de La Repubblica.

sabato 20 luglio 2013

INCONTRI / MARCO BIANCHI


QUESTA STORIA E’ STATA PUBBLICATA DALLA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO LUNEDì 10 DICEMBRE 2012.

/http://it.wikipedia.org/wiki/Tallinn

Tallin? E dov’è? Ma in Estonia, naturalmente. Anche in quel caso, un attimo di perplessità. Per fortuna hanno inventato Wikipedia: eccola là l’Estonia, una delle tre repubbliche baltiche. È lì che è andato un giovanotto di Toritto. A 21 anni, dopo aver giocato a calcio nelle giovanili del Toritto, della Virtus e del Noicattaro, Marco Bianchi è andato a Rossano. Qui ha incontrato Salvatore Trunfio. Che propone al giovanotto della provincia: vuoi giocare in Serie A? Nel massimo campionato estone. Il nome della squadra è quasi illeggibile: JK Kalju Nömme (letteralmente ‘scoglio’ e ‘brughiera’). Ci gioca un altro italiano, il calabrese Damiano Quintieri. “Marco ha grande volontà. Lo ricordo benissimo. Magari i piedi non sono il massimo, ma la determinazione è di ferro. Mi fa immensamente piacere”, dice Angelo Sisto, suo allenatore ai tempi del Noicattaro.
Una volontà che ha portato Bianchi vicino al circolo polare artico e a dare un contributo magari minimo alla vittoria dello scudetto del Kalju. “Tra Coppa d’Estonia e campionato ho giocato cinque partite. Ma sono stato confermato e questa è la soddisfazione più grande. Sto bene, ma non è stato sempre bellissimo: quando non giocavo, la voglia di tornarmene era una tentazione fortissima”. Marco è caparbio: indietro non si torna. E stamattina risale sull’aereo che lo porterà nell’antica città anseatica. “Giocheremo un torneo al coperto, poi a metà gennaio comincia la preparazione (agli ordini di Igor Prins, ndr). Il campionato scatta a marzo>. A luglio la grande avventura vivrà giorni straordinari. Marco gongola: “I preliminari della Champions League.Passare il turno? Non so. Dipende anche dall’avversario che ci toccherà. Però noi ci stiamo già pensando. È l’obiettivo principale”. Il Kalju ha già frequentato in Europa League, ovviamente subito eliminato.
Il livello del calcio estone? “La nostra Serie C, più o meno. Qualcuno potrebbe giocare in B, ce n’è che gioca col Varese. Però siamo professionisti. Io? Certo che ho un contratto>”.
Girolamo Bianchi, il papà di Marco, ai suoi tempi ha giocato in Promozione. Come l’ha presa quando ha sentito che saresti andato così lontano per giocare a pallone? “I miei mi conoscono bene. Sanno che se una cosa mi convince, difficilmente ci rinuncio. Comunque sono contenti. Anzi, mio padre è orgoglioso di avere un figlio che gioca all’estero”. Sarà pure l’Estonia, ma è sempre Serie A (e Coppa dei Campioni).
Ancora più orgoglioso è Onofrio Colasuonno, padre nobile del calcio giovanile e dilettante torittese, un altro dei tecnici che hanno allenato il campione d’Estonia, insieme a Carmine Caricola. L’aria fina di Toritto fa bene, evidentemente: basti pensare alla carriera di Ciccio Caputo, lanciato proprio da queste parti. “Ha giocato nelle giovanili per cinque anni. Un ragazzone gentile e educato. Durissimo e implacabile sull’uomo, ma sempre corretto”. Marco l’Estone è single e ha di nuovo i bagagli pronti. Le valigie di un lungo viaggio. “Sto per andare verso i meno dieci. Ma basta coprirsi. A riscaldarci ci penseranno le urla di mister Igor”


EVENTI / SOLE E DINTORNI


Un momento de Il libro parlante - Villa comunale -,
nell'ambito di Capurso Cultura Estate 2013.
Sul palco Lino Cacciapaglia, a sinistra, Nicla Didonna
e, al pianoforte, Stefano Manca
Ogni libro è un viaggio. Anche un piccolo volumetto edito da una casa editrice di Bressanone (piccola ma antichissima: risale al 16° secolo) ti consente di muoverti senza muoverti. E' quel ch'è accaduto l'altra sera. Una nuova puntata de Il libro parlante (la prima realizzata nel nuovo spazio eventi della villa comunale, proprio ai piedi della Biblioteca comunale D'Addosio) ha avuto come ospite Lino Cacciapaglia. Poeta-commercialista-insegnante che da Cellamare, qualche anno fa, s'è trasferito a Merano, in Alto Adige. Amo i sud della terra, dice: la Puglia come mezzogiorno d'Italia; il SudTirol, come meridione dell'Austria; l'Andalusia, altra patria d'elezione, come sud della Spagna. Cacciapaglia ha presentato "Esisti sole", libro di poesie con copertina illustrata dal disegno di un bimbo. E in effetti un che di innocenza nelle sue liriche si nota. Ma quel che m'ha colpito sono i posti. La sua lettura sincopata ci accompagna in un viaggio: c'è la Puglia di Cellamare; c'è la quasi Austria di Postal e Merano; c'è
l'Ebro e il Pais Andaluso; c'è la Germania di quando i migranti eravamo noi (e nessuno sognava di respingimenti, men che meno i tedeschi che pochi anni prima s'erano inventati razzisti); c'è la Cracovia del prete-attore Karol. E c'è il sole. A cui Cacciapaglia rivolge l'esortazione, l'invito ad esistere (e a resistere, aggiungo io).
Bella serata, tutto sommato. Cacciapaglia ha voluto essere accompagnato da due giovani talenti (entrambi ventisettenni): la nojana Nicla Didonna, reduce dall'Aida appena messa in scena a Noicattaro;  il casamassimese Stefano Manca che al pianoforto ha accompagnato la cantante e sottolineato, con perfetto tempismo, molte delle liriche del poeta.


sabato 13 luglio 2013

EVENTI / ROY PACI TRA CORLEONE E CAPURSO

Va bene rompere gli schemi (pare l'abbia fatto Schoenberg con la musica dodecafonica, una delle più tetre invenzione che artista abbia mai potuto concepire), ma rompere timpani e timpalli, no. Come proiettlili perforanti, più rumori che note, come un pianto stridulo di bambino alla controra. Chi diceva che la musica andina era una noia mortale? Beh, avesse ascoltato il progetto Corleone (http://www.youtube.com/watch?v=bNxfIAErXrk) avrebbe rivalutato Violeta Parra e gli Inti Illimani.
Attenzione, molti artisti hanno fatto sperimentazione musicale: i Pink Floyd hanno cominciato con la psichedelia, ma per approdare alla parte scura della luna; Lucio Battisti è arrivato a Hegel (passando per Anima Latina), ma aveva musicato il canto libero di Giulio Rapetti.
Le uniche cose interessanti di ieri sera (evento conclusivo del Multiculturita Summer Jazz Festival) sono state l'ouverture (in parole, non in musica) con la voce che pareva quella del miglior Carlo Lucarelli di Blu Notte (a proposito, dello scrittore emiliano bellissimo L'isola dell'angelo caduto, pretenzioso L'ottava vibrazione) e lo strepitoso duetto tra il batterista Vadrum e il chitarrista Turra (quarto brano). Per il resto, una urticante invasione di suoni ad altissimo contenuto di decibel e il mistero misterioso di una musica affogata in una palude di note che dal canovaccio annegavano nel caso passando per il caos. Heavy metal forgiato in lava etnea e raffreddato nelle acque dello Stretto. Più volte m'è venuto in mente un episodio: durante una festa patronale, Bruscella & Pellicani, prima dello spettacolo pirotecnico, alzarono un po' troppo il gomito: ne scaturì una santabarbara caotica, senza capo né coda, smontata e rimontata. La rapsodia di un katyuscia, l'organo di Stalin.
Mi avevano descritto Paci (http://www.youtube.com/watch?v=cEUPEEGwGv8) come l'erede di di Nini Rosso e Fred Buscaglione. Beh, ieri sera mi sono sentito piccolo, ma piccolo così. Anzi, più imbarazzato che piccolo.
Il buon direttore artistico, dopo sessantuno (61, manco una partita di calcio giovanile) minuti di spettacolo, ha detto che da oggi (da ieri) Multiculturita è anche avanguardia. Buona fortuna, Laricchia, apprezzerò sempre i tuoi sforzi, ma un sito così bello (i giardini pubblici di Capurso) e una platea così folta e speranzosa meritava ben altro. Corleone continuerà a restare, nell'immaginario collettivo, il cognome di don Vito e di Totò e il paese della premiata ditta Totò & Bernardo.
P.S. ammesso che qualcuno abbia intenzione di farlo, per cortesia non dite che non capisco niente di musica (lo so), non sono sufficientemente all'avanguardia (lo sospetto), non ho capacità interpretative (me lo ripeto ogni giorno modellandomi la barba), che mi piacciono Nino D'Angelo e Nicola Di Bari (non è vero), che non so chi siano i Led Zeppelin (i futuristi avevano inventato le parole pesanti come metalli molti decenni prima). E comunque sarà proprio così, anche perché molti spettatori da me interpellati (e provocati) hanno detto di essersi divertiti (io a guardare quelle due signore in viola: uno spettacolo).

venerdì 12 luglio 2013

EVENTI / IL CONCERTO DI MATINO-BARBA-CALLONI-GIROTTO-BOSSO

Da destra, Matino, Bosso e Girotto
(immagine scattata con telefono Blackberry)
E' stato come fare il giro del mondo in ottanta canzoni (beh, qualcuna in meno: ma la citazione esige qualche esagerazione): dal Brasile di Jorge Ben (Mas que nada) alla Parigi di Edith Piaf (Je ne regrette rien, meglio nota come Rien de rien), dalla pancia dell'America (Summertime da Porgy and Bess, con musica di George Gershwin - http://www.youtube.com/watch?v=SKpx4IEnAeI) dai muri di Ivano Fossati fino ai castelli incantati di Luigi Tenco, dalla Liverpool di Lennon e McCartney alle periferie urbane e sbrecciate di Lucio Dalla. Un tour senza mongolfiera, dove il volo è consentito dalla musica. Quella offerta ieri sera a Capurso (11^ edizione del Festival estivo del Jazz) dal gruppo composto da Pippo Matino (basso), Silvia Barba (voce: eccone un saggio, in un brano da Youtube non presentato sul palco di Capurso: si tratta de La canzone dei vecchi amanti, scritta da Jacques Brel - http://www.youtube.com/watch?v=6Pflx25MniE), Walter Calloni (batteria), Fabrizio Bosso (tromba) e Javier Girotto (sassofono).
Contaminazioni e commistioni sotto l'ampio cielo stellato del jazz. Dove tutto è concesso: persino che la luna e il sole compaiano insieme alle stelle e alle nuvole. Summertime e Mas que nada si sono intrecciate, l'una affluente dell'altra, l'una confluente nell'altra. Mina e Tenco, Fossati e Dalla (una Anna e Marco da brivido caldo - http://www.youtube.com/watch?v=gW7PYo1qzU8). Fino alle pirotecniche interpretazioni di Come togetjer dei Beatles e di Time after time di Cindy Lauper. Esecuzioni, manco a dirlo, tecnicamente e strutturalmente perfette. Ci capisco poco, ma intuisco quando mi trovo davanti professionisti che diventano artisti.
Come ogni rassegna, in ogni cantone del globo, ci sono alti e bassi. Ma la sessione messa assieme dal napoletano Matino mi pare rappresenti uno dei picchi più alti in questo decennio abbondante di musica offerta da Multiculturita.

mercoledì 10 luglio 2013

EVENTI / MULTICULTURITA A CAPURSO

La formazione del Nuevo Tango Ensamble: sul palco
Gianni Iorio (bandoneon), Pasquale Stafano (pianoforte),
Pierluigi Balducci (basso) e Pierluigi Villani (batteria)
Immagine ripresa con telefono Blackberry
Da anni il festival di musica jazz Multiculturita dà lustro alla mia città. Che ha ospitato grandi musicisti come Pat Metheny (nello stadio: che serata), Enrico Rava (sempre nel campo di calcio: cantava Gino Paoli, altro evento memorabile), e i Manhattan Trasfer. Solo per ricordarne alcuni. Solo per ricordare i nomi più noti al grande pubblico. Nomi a cui vanno doverosamente aggiunti quelli di Stefano Bollani (il duetto con Luca Medici deve essere iscritto nei libri di storia della nostra comunità: insieme, il musicista e l'attore trasformarono l'inno alla Madonna del Pozzo), Marcus Miller, Billy Cobham...
Probabilmente quello di Capurso non assurgerà mai alla notorietà del festival perugino. Ma ha una sua dignità. Ha mantenuto una sua logica ferrea, è stato costretto a migrare, ma il fil rouge non si è mai spezzato. Da questo punto di vista Michele Laricchia - nel frattempo diventato assessore comunale: ma questa è tutt'un'altra storia, ve l'assicuro -, non ha mai ceduto alle tentazioni. Si è infervorato, questo sì, a volte andando sopra le righe, ma la sua direzione artistica è stata rigorosa nella scelta degli artisti. E delle location. Il trasferimento dal sagrato del santuario mariano alla piazzetta creata ai piedi della biblioteca, nei giardini pubblici di piazza Matteotti, hanno arricchito la manifestazione. Ed hanno celebrato la "nuova villa", rinata a nuova vita dopo i lavori di ristrutturazione.
Ieri sera, poi (dopo il troppo lungo prologo con il contest, la sfida finale tra due band: altra intuizione brillante di Laricchia), il fascino di un bandoneon che quasi prendeva vita tra le mani di Gianni Iorio, ha letteralmente tramortito il pubblico. Per quanto mi riguarda è stato un viaggio di settanta minuti: mi ha proiettato nella terra dei miei sogni, l'Argentina, Buenos Aires. Un concerto agile, con addirittura qualche concessione alla musica leggera. Il tango è passione, è cultura, è storia, è teatralità, è disperazione, è nostalgia, è ambizione, è sensualità, è fusione, di corpi e di anime. Il jazz è tutta la musica che suona attorno, mescolata e scecherata al contempo. Sulla linea sottile del tempo (Astor Piazzolla e la storia della metropoli bonairense) e dello spazio (i barrios di Boca e di Almagro, tanto caro a papa Bergoglio, il Rio de la Plata, culla dei tangueiros) hanno danzato le note dell'ouverture di Multiculturita, che accompagnavano "fino alla fine del mondo".
Capurso non sarà Perugia. Ma lo spettacolo è stato magico.

domenica 7 luglio 2013

VIAGGI & MIRAGGI / RUTIGLIANO

Uno degli stand alla Festa del grano di Rutigliano,
domenica 7 luglio 2013
Il cestaio. Il sig. Sanitate, l'ha scritto anche sul cartellino
alla sua sinistra, ha 88 anni
Andar per sagre è un'esperienza formativa. Certo, c'è il rischio dell'omologazione. Che il mix centri storici-enogastronomia-antichi mestieri-tradizioni-volontariato diventi poco più di un'operazione per incrementare il turismo mordi e fuggi. Eppure, la folla nelle stradine di borghi antichi più o meno attrezzati, le bancarelle con le pietanze della tradizione culinaria locali più o meno rivisitate, le street-band o i tamburi e sbandieratori (nel caso di Rutigliano, da segnalare la novità delle marjorettes, malamente abbinate a timpanisti in costumi medievali), le esposizioni di attrezzi di antichi mestieri, i dibattiti con un uditorio distratto, ha un fascino. Esercitato, d'altro canto, su migliaia di visitatori. In genere è la città che rovescia sulla provincia frotte di turisti delle sagre di paese. Se riesci a colpire il target del barese hai risolto metà dei tuoi problemi di organizzatore. Problemi che non sono pochi, a cominciare dal reperimento delle risorse economiche. Vi sono località - vedi Noci - che della sagra hanno fatto un mestiere, se non una professione. Entrando in paese, si legge sui cartelli un quanto mai significativo, anche se piuttosto pretenzioso, "Benvenuti a Noci, città dell'enogastronomia".

Una delle criticità di ogni sagra (qui una foto che ho scattato alla
scorsa sagra del cavatello, a Triggiano) è la raccolta dei rifiuti
Insomma, tutto quanto fa spettacolo in una sagra. Che a volte ha effettive radici nella storia del costume locale, altre volte è una chiara forzatura. Per esempio, a proposito della festa rutiglianese, più d'uno si chiedeva, ma che c'azzecca il grano nel paese dell'uva da tavola? Poco o molto, ha scarsa importanza. Quel che conta è mettere in vetrina il centro storico, farlo respirare, anche se può sembrare che la sagra diventi più che un polmone ausiliario, un respiratore artificiale. E comunque, il grano, una volta, c'entrava sempre. In ogni paese di una volta c'era uno spazio comune (l'aia grande) destinato alla battitura del grano. E in ogni caso, il grano si presta a molteplici interpretazioni in cucina. E allora, viva le sagre.
Turisti del tempo della grande crisi, cercatene e mangiatene tutti.