martedì 25 giugno 2013

DALLA GAZZETTA / STORIA DI NOA CHE VENIVA DAL NULLA

A fine giugno dello scorso anno un ragazzo maliano, Noa, muore annegato per un banale incidente in mare. Lui che aveva traversato i mari di sabbia e i mari delle boat-people, incontra la morte in quel mare che era stato la grande pista della speranza. Viveva in una delle comunità di accoglienza del territorio, la Esedra di Triggiano.
L'insegna-motto sulla facciata della sede di Esedra, a Triggiano
L’ARTICOLO E’ STATO PUBBLICATO DALLA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO IL 29 GIUGNO 2012
Il sorriso di Noa era solare. Come se il sole accecante che cuoce la terra e le facce della gente del Mali si fosse concentrato sul suo volto, avesse donato ai suoi denti un candore smagliante. “Lui era speciale”, dice Stefania Palermo, trattenendo a stento le lacrime. La referente delle comunità gestite dalla cooperativa Esedra prosegue: “Avrebbe compiuto diciott’anni a gennaio. Aveva tutta una vita davanti a sé. Aveva una gran voglia di studiare e poi voleva lavorare. Alla scuola media Di Zonno frequentava i corsi di alfabetizzazione per stranieri. Rispetto agli altri era parecchio avanti nell'apprendimento dell’italiano”. Quand’era arrivato, nell’estate 2011, giusto un anno fa, parlava il bambarà – dialetto della terra di provenienza -, un po’ di arabo e un po’ di francese.
Noa Traorè era venuto dal mare. Quel mare che aveva visto per la prima volta (il ragazzo viveva in un villaggio al centro del Paese africano, nei pressi del Niger, il fiume dove aveva imparato a nuotare, non distante da Timbouctou) sulla spiaggia della Libia: gli scafisti l’avevano spinto sul barcone. Destinazione Paradiso (per loro). Più semplicemente, Lampedusa. Quel mare che in pochi mesi era diventato la sua vita tra l’isola al largo della Sicilia e Palese. Quel mare che l’altroieri l’ha inghiottito mentre giocava con un coetaneo, a Savelletri. Spiega Vito Del Medico, responsabile gestionale di Esedra: “I ragazzi escono spesso per delle escursioni o piccole gite. Fanno parte del percorso. Sono seguiti dagli accompagnatori. È una tragedia inspiegabile. Davvero una fatalità”.
Ieri mattina il pullman di 54 posti non bastava per portare i ragazzi di questa e altre comunità sul luogo del dramma. Tutti volevano vedere, tutti volevano partecipare. Tutti volevano chiedere a quel mare così tranquillo perché aveva voluto la vita del loro compagno che l’altro mare, quello cattivo tra il Nordafrica e la Sicilia, aveva spinto verso una nuova speranza.
Ottenuto il nulla-osta dall’Ambiasciata del Mali, la salma – spiegano alla Esedra – sarà restituita alla famiglia. “Grazie a un mediatore linguistico – aggiunge Stefania – ho parlato con il padre”. Fatalista, è sembrato, il genitore. Forse semplicemente incapace di esprimere il dolore sordo di quella ferita che arrivava da così lontano.
La Esedra gestisce tre residenze per immigrati, in convenzione con il comune di Bari: una a Triggiano, due lungo la provinciale che da Noicattaro porta a Torre a Mare. Noa viveva, con altri otto adolescenti, nel palazzotto in pieno centro a Triggiano, quello che sulla facciata ha un rosone enorme, un grande sole con la scritta ‘lo siamo per passione’. Più che uno slogan, un modo di essere. In questo momento la cooperativa ha in carico poco più di trenta ragazzi. Ma i suoi servizi sono molteplici, tanto che dà lavoro a oltre centocinquanta persone, tra operatori, amministrativi e collaboratori.
Dopo i diciott’anni Noa cos’avrebbe fatto? “Quello che fanno un po’ tutti, dopo aver ottenuto il permesso di soggiorno – dice Vito Del Medico -: lavorare. Ci sono borse lavoro, progetti per sviluppare le capacità autonome, che sono la prosecuzione dei progetti educativi individualizzati che avviamo nei nostri centri con équipe multidisciplinari e mediatori linguistici e psicologici”.

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